Benvenuti a Njombe – Tanzania

Punto primo. Acquistare il pacco (tempo occorso: circa 8 ore nell’arco di 2 mesi e mezzo). Nello specifico si tratta di una statua. Perché la statua? Insomma, abbiamo pensato di portare a casa con noi, o meglio di inviare a casa prima di noi, qualche cosa di significativo che ricordasse questo anno che in ogni caso rimarrà unico (anche se nel futuro dovessimo ripartire per altri progetti) per le emozioni e le sensazioni che ha prodotto in noi. L’acquistare qualche cosa di significativo ci potrebbe (ma non ne sono sicuro) anche salvare dall’acquisto di 100 altri pacchettini. Quindi abbiamo identificato l’oggetto: si chiama ujamaa e rappresenta l’idea di Nyerere della società basata sulla solidarietà famigliare e comunitaria. A noi piace un sacco perché ci sono tante persone diverse e che fanno cose diverse, perché è fatto in finto ebano che si chiama mpingo e perché è tutto ricavato dallo scavo di un unico albero. I due mesi e mezzo sono stati necessari per fare una sorta di asta interna al mercato Mwenge di Dar Es Salaam, in modo da ottenere dei prezzi sì da bianco, ma magari non proprio da turista all inclusive. Una volta raggiunto l’accordo sul prezzo, ci siamo posti un quesito: come inviare in Italia una statua di legno alta 1,70 metri?
Punto secondo. Raccolta informazioni (tempo occorso: circa 7 ore nell’arco di 3 settimane). Come tutte le raccolte di informazioni che si rispettino, siamo partiti dal passaparola sia con Tanzaniani che con espatriati che vivono a Dar. Come sempre accade, le versioni e le proposte sono state delle più disparate: volendo escludere la via carovaniera tra Kenya, Sudan ed Egitto, ci rimanevano per lo più due possibilità, la spedizione via mare o via aerea. Alla fine ci siamo risolti per la seconda ipotesi, che dava qualche garanzia in più riguardo a tempi e arrivo concreto del “pacco”. Purtroppo non era possibile, abbiamo scoperto, inviare il pacco come bagaglio aggiunto nel nostro volo, in quanto superava le dimensioni massime accettate, di circa 158 cm. Abbiamo quindi messo a confronto due possibili ipotesi, la spedizione tramite Cargo della Swiss o l’invio tramite DHL. I prezzi messi a confronto (100 $ contro 450$) hanno risolto in breve la scelta. Quindi abbiamo affrontato il primo colloquio con personale locale, colloquio che noi ritenevamo conclusivo ed invece era solo esplicativo. In pratica abbiamo scoperto che:
1. il trasporto per Dar e fino all’aeroporto rimaneva di nostra competenza (costo previsto ?);
2. trattandosi di Mpingo avremmo dovuto portare la statua al Ministero Tanzaniano per le Risorse Naturali, in modo da ottenere i relativi permessi per l’esportazioni (costo previsto 15$);
3. l’imballo in legno era consigliabile ma avrebbe comportato un ulteriore viaggio presso aziende con licenza di certificare il legno dell’imballaggio, controllando che questo sia stato preventivamente fumigato correttamente, onde evitare penali all’arrivo del “pacco” in Europa (costi imprevisti);
4. all’arrivo in aeroporto a Milano, qualcuno sarebbe dovuto andare a ritirare il “pacco” e pagare eventuali spese di handling / diciamo gestione del “pacco” medesimo.
Fiduciosi che questo fosse tutto, abbiamo deciso di passare al punto tre, non prima di aver cercato invano, immersi letteralmente nel traffico pazzo del centro, la sede del Ministero che nel frattempo si era trasferita in zona più esterna e meno trafficata, aver raggiunto la sede stessa(descritta nel punto 3) ed aver scoperto che l’incaricato era quel giorno uscito (?!?).
Punto tre. Acquisto e invio del “pacco” (tempo occorso: circa 8 ore, dalle 7:20 alle 15:05 in un’unica giornata). Ecco quindi delineato il nostro percorso designato: Mercato (acquisto) – Ministero – Mercato (imballaggio) – Ufficio Swiss (Dar centro) – Swiss Cargo (Aeroporto J.K. Nyerere di Dar). Fortunatamente il passaggio uno è stato anticipato ad altra data, quindi in mattinata abbiamo affrontato immediatamente il palazzo ministeriale che, ironia della sorte, si chiama Mpingo. Non so chi di voi ha mai letto o visto “le 12 fatiche di Asterix”. In quel caso ricorderà che una delle prove titaniche da affrontare era quella di ritirare il certificato A38 da un ufficio dell’amministrazione dell’Impero Romano (la Casa che rende folli).
Bene, non appena sono entrato in questa struttura mi sono subito sentito a pieno in quella storia. Innanzi tutto l’intero edificio (di 5 piani e circa 400 uffici, terminato a Gennaio 2009) è rivolto verso un’entrata interdetta ai privati, ma destinata credo solo al ministro e al suo più stretto enturage. Quindi mi sono trovato ad arrampicarmi fino al terzo piano attraverso una scala evidentemente di emergenza. La struttura interna ricorda un dedalo, ogni porta ha una targa con un numero ed una lettera, ma questi numeri non seguono apparentemente né un ordine matematico né tanto meno logico. La prima signora alla quale mi sono rivolto, e occorre considerare che tutte le conversazioni si sono svolte in kiswahili (per brevità quindi escluderò i convenevoli), mi ha detto: Guardi che questo non è il terzo piano, ma il secondo! Di fronte alla mia perplessità ha aggiunto: forse lei non considera l’inframezzato (mi ci sono voluti circa 40 secondi solo per capire il significato di questa espressione). Rinfrancato sono salito di un’altra rampa, senza considerare che la scala di sicurezza, non so per quale strano motivo, non passa da tutti i piani!!! Quindi sono sceso di un piano da una scala secondaria interna e mi sono ritrovato sul piano tre. Un secondo ed un terzo interlocutore mi hanno aiutato a capire, che, per il mio caso, aveva competenza l’ufficio 304 – quindi chiaramente sul terzo piano a cui ero felicemente approdato. Con rinnovata fiducia mi rivolgo quindi all’ufficio 304, dove, una signora intenta nella lettura di una carta, solleva lo sguardo e mi fa: R 304, non L 304. Con sgomento mi accorgo che nel piano oltre ai numeri ci sono tre lettere L – M – R. Questo fatto, combinato con l’apparente mancanza di logica del tutto, di colpo mi lascia interdetto. Mi faccio forza e riparto alla ricerca. Dopo aver passato diversi corridoi per due o tre volte trovo finalmente l’R 304. L’impiegato che trovo all’interno mi avvisa che la persona che sto cercando si trova in effetti in un corridoio – open space – dove ero già passato 3 volte. Dunque qui alla fine ottengo i certificati, trovo la cassiera al piano 1 ufficio L 132, pago le tasse dovute (TZS 80.000,00) e ottengo finalmente i certificati.
Di qui di corsa (figurata chiaramente) ad imballare la statua con giornali, due materassi, cartone, filo e nastro adesivo (a questo punto avrete già capito perché abbiamo preferito evitare la scatola in legno fumigata e certificata!). Dato che avevo tirato sul prezzo un po’ troppo, il negoziante mi ha messo al lavoro in modo da contribuire personalmente alla realizzazione dell’opera. Con apprensione ci accorgiamo che il pacco ha ormai raggiunto le dimensioni di 175 per 30 per 30. Tempo per la realizzazione dell’opera: 1 ora e 30 minuti.
A questo punto decidiamo di prendere un taxi in modo da limitare i potenziali danni alla macchina nel centro di Dar e ci dirigiamo all’ufficio centrale della Swiss. Una volta che ci vede con la statua l’impiegato gentilissimo della Swiss misura il “pacco” ci fa fare il biglietto scontato visto l’inconveniente del Ministero. Solo a quel punto prova a darci qualche indicazione per la parte che noi avevamo considerato finale, e che invece è quella a maggior rischio: il passaggio in dogana, la raccolta di tutti i certificati e l’invio presso la stazione cargo. Il tutto, visto il nostro approccio generale alla Tanzania, senza dare mance o aiuti alla procedura.
Non appena arriviamo in aeroporto, ci accorgiamo subito che non si tratterà di una passeggiata: circa 7 o 8 mediatori / agenti di porto ci affiancano ed iniziano a provare a darci una mano. Il più cocciuto di questi era un uomo dai lineamenti misti arabo-tanzaniani, con un occhio solo e con una maglietta della Nazionale italiana di calcio. Fortunatamente eravamo stati informati preventivamente del fatto che queste persone, se vengono coinvolte, richiedono in seguito commissioni fino anche a 50 – 100$. Dopo un paio di tentativi falliti, devo ammettere che stavo quasi per cedere alle loro pressioni, ma Federica è stata irremovibile: ma scusa, mi diceva, siamo arrivati fino a qui e adesso ci arrendiamo in questo modo? Fortunatamente in questo caso ha avuto ragione. Entrato da una porta laterale, siamo riusciti ad arrivare negli uffici della dogana che erano in pausa pranzo ma pieni di gente. Forse per il nostro approccio, abbiamo raccolto simpatie all’interno degli uffici dove tutti ci hanno aiutati. Da qui siamo passati attraverso altri 4 uffici e infine al personale di sicurezza, che ha passato il “pacco” ai raggi x. Da questa guardia è arrivato l’ultimo tentativo di farsi offrire per lo meno una soda, ma noi eravamo già in ritardo e quindi con un sorriso, siamo riusciti a driblare anche questo. E quindi, nel pomeriggio, il pacco è partito.

PS. Dopo sole 9 ore il pacco era a Milano!

Chiudi… basito – F4!

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Comments

3 Responses to “Come spedire un “pacco” dalla Tanzania in Italia, facendo tutto da soli. Manuale in tre punti.”

  1. Mamma Valeria on June 8th, 2009 12:03 pm

    Dai, Paolo, il vostro “Albero della Vita” di cui noi a casa abbiamo un piccolo esemplare che ci era stato donato dal Vescovo di Njombe, mons. Alfred Maluma, … è strepitoso!!! Io penso proprio che ne sia valsa la pena!
    E poi, non si sa mai, avete fatto una esperienza che varrà per il FUTURO! Ai posteri tenerne conto!
    Baci mamma
    P.S. Stiamo facendo il conto ala rovescia … Siamo a meno 13! …

  2. dario.marilena on June 9th, 2009 10:15 am

    tra una decina di giorni é tutto finito, per cui niente sottotrame, nessuno é basito, fai la faccia da “ora ho capito tutto..”

  3. Paolo on June 9th, 2009 8:24 pm

    ok, faccio di sì con la testa che ho capito…

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