Benvenuti a Njombe – Tanzania

Ovvero, come cavarsela sempre, in ogni situazione, con un sorriso e due parole di scusa.
In Tanzania assume un significato particolare l’espressione estote parati che contraddistingue tutti gli scout e in particolare la vita di Reparto.
L’approccio dei Tanzaniani però è totalmente diverso e quindi assomiglia un po’ di più all’espressione “pronti a cavarsela”. Il sorriso poi è una parte essenziale di questo momento, in cui le parole fanno solo da sfondo ad un atteggiamento del volto che si rilassa e sorride.
E quindi mi è tornata in mente la canzone di Lucio, condivisa con Massi anni fa e poi riscoperta con Livio e con Federica negli interminabili viaggi Dar es Salaam – Njombe: INNOCENTI EVASIONI. Innocenti, perché, anche di fronte a errori o dimenticanze, l’espressione è sempre innocente. Evasioni, perché comunque si tratta di decisioni consapevoli, al di fuori degli accordi o dei patti stretti.
C’è però un’attenuante che mi fa rileggere questi comportamenti con indulgenza. Chiaramente sul momento reagisco con fermezza e durezza, anche perché senza fiducia reciproca, come ci può essere collaborazione? Ma poi tra me e me rifletto che si tratta di un riflesso condizionato per garantire la sopravvivenza a se stessi e alla propria famiglia. Il mondo è pieno dei famosi “furbetti”, ma almeno qui mi sembra che le motivazioni siano in qualche modo più serie.
Per cui adesso, ogni volta che mi trovo a discutere coi guardiani o con i nostri collaboratori e vedo quel sorriso penso: combinazione ho un po’ di ulanzi!

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Durante l’ultima lezione di inglese e computer, dopo gli esercizi di grammatica inglese che non riescono proprio ad imparare, mi sono messo a far vedere che con il pc si possono fare tante cose diverse.
Alla fine siamo capitati su Google Earth.
Credo che sia stato particolarmente strano per i miei piccoli studenti vedere la terra come si vede dalla luna, e poi discendere in picchiata verso Njombe, coperta dalle nubi, e poi volare a ritroso fino all’Italia, per far vedere dove vivo io.
La prima cosa che mi hanno detto quando hanno visto Cavaria è stata: “e gli alberi, dove sono?”
… se gli avessi fatto vedere Milano?!

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Precarietà

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Vorrei condividere con voi una sensazione che provo spesso stando qui. Noi mediamente non ce ne rendiamo conto, ma credo che la nostra vita in Italia sia il più delle volte protetta, almeno per la maggior parte delle persone. Possiamo avere dei problemi di lavoro, ma l’impressione è che, almeno per ora, ci siano delle rotaie sicure che mantengono una direzione. Certo occorre fare delle scelte. Ma tutto si può preparare. Ogni evento viene valutato, ponderato, e infine si sceglie quale scartamento utilizzare o in che stazione fermarsi.
La vita qui, per i Tanzaniani, è un’altra cosa. La parola che mi sembra più adatta è precarietà. Ogni cosa è precaria, e dai discorsi dei nostri colleghi e della gente che conosciamo, sembra quasi che ogni evento sia possibile. La cosa incredibile è il modo in cui queste persone affrontano degli eventi che per noi sarebbero difficilissimi da sopportare. Innanzi tutto la morte è presente sempre, pubblicamente, nella vita di tutti. E non importa se a morire sia un bambino durante il parto, un ragazzo per infezione, un giovane assalito e derubato, una moglie, un anziano. La morte è davvero parte della vita, un evento incontrollabile, supremo ma anche profondamente naturale, come il mutamento del clima o il percorso del sole nel cielo. Forse in questo avremmo qualche cosa da imparare come civiltà occidentale, noi che allontaniamo gli anziani nelle case di riposo, che nascondiamo il lutto ai bambini, che andiamo in crisi (e qui parlo di me stesso) per la psoriasi o per l’ernia al disco a 23 anni! Noi che pensiamo di dominare il mondo, quando a fatica riusciamo a capire i segnali che il nostro stesso corpo ci comunica.
Nonostante questo coraggio dei tanzaniani nell’affrontare la vita, rimane il fatto che molti progetti sono difficili da attuare con la precarietà. Costruire cammini di sviluppo o percorsi educativi che implicano mesi o anni è possibile ma molto complicato, quando non ci sono certezze. Per questo ogni piccolo passo, che in Italia sarebbe sottovalutato, qui va coltivato con cura, e apprezzato.

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Alcuni volti della precarietà:
La strada c’è oggi, ma potrebbe non essere accessibile.
La macchina c’è, ma domani potrebbe anche lasciarti per strada.
Vado a scuola, ma potrei anche essere espulso e non tornarci più.
Ho una casa, ma devo essere pronto a vivere per strada.
Sono una nonna, ma devo curare i miei nipoti perché tutti i miei figli non ci sono più.
Oggi c’è la corrente, domani non c’è più.
Ora ho da mangiare, ma non ce ne sarà più nella stagione secca.
Potrebbero arrivare i ladri e portarmi via tutto quello che ho.

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