Benvenuti a Njombe – Tanzania

Ciao a tutti.
Mentre in Italia preparate tavole imbandite e accendete le griglie per il pranzo pantagruelico di ferragosto, noi siamo andati a scuola come un giorno normale ma abbiamo assistito ad una lezione molto particolare che vogliamo raccontarvi.
Per l’occasione speciale tutti gli studenti sono stati riuniti insieme per porgere domande disparate agli insegnanti più anziani. Gli argomenti di discussione, fissati su un cartellone, riguardano diverse tappe della vita a partire dalla nascita, fino alla morte, passando per l’iniziazione e il matrimonio, vissute alla maniera africana.
E’ interessante cercare di immedesimarsi nelle storie di Ismaeel, Kobya, Sayi…(che oggi abbiamo scoperto sono solo i primi nomi, quelli religiosi, di battesimo, mentre ognuno ha un secondo nome tradizionale)che ci hanno raccontato delle usanze della loro tribù di provenienza, con le sue credenze, i riti di passaggio, le iniziazioni alla vita adulta. Tutti i momenti più importanti della vita sono caratterizzati da cerimonie e simboli carichi di significato.
La cosa più particolare che abbiamo scoperto è che, anche se i più seguono qualche religione o hanno raggiunto un buon livello di educazione, con grande disinvoltura i tanzaniani riescono a passare da un lato all’altro della loro vita a più dimensioni, e quindi l’andare in chiesa non significa di per sè che l’abitante di villaggio non si rivolga, in caso di pressioni particolari, di malattie o di pericoli che lo mettono anche in difficoltà, anche allo stregone, capace secondo le credenze locali di trovare una risposta e una via per ogni problema.
Proprio per questo è buona norma non dimostrarsi troppo amichevoli e affettuose con le donne incinta: a meno che non si sia proprio in confidenza, toccare la pancia potrebbe essere da loro considerato pericoloso, a causa della superstizione. Invece quando il bambino nasce c’è grande festa nel villaggio e la gente esprime la propria partecipazione regalando ai genitori novelli kanga,( stoffe colorate con proverbi augurali) e frutti di vario genere, oltre che provvedere alla fornitura d’acqua potabile per il primo periodo in cui la mamma è ancora convalescente.
Ismaeel ci ha anche raccontato di quando è andato a pagare il prezzo della sua futura moglie sua famiglia, primo passo ufficiale per il matrimonio. Da questo momento in poi si entra a far parte dell’albero genealogico come mchumba (fidanzato), mentre non esiste un termine per indicare qualche tipo di amicizia o relazione tra uomo e donna che non sia ufficiale.
A prima vista sembra una cosa un po’ strana per una donna essere comprata dal proprio futuro marito, ma dall’altro lato della medaglia è un modo per esprimere apprezzamento e cura per qualcosa: il futuro sposo paga quanto più possibile per rendere omaggio alla sua sposa. Quando un uomo sposa una donna e la donna viene sposata dall’uomo ( in swahili si scrive solo così..), la prima cosa che tutti nel villaggio aspettano sono i futuri bambini.
I figli sono considerati come un dono che Dio fa alla nuova famiglia per arricchirla e per aumentare il suo prestigio sociale. Ogni padre vorrebbe avere molti figli, tra i quali almeno uno deve essere maschio e questo non perché non voglia bene alle figlie femmine ma perché sa che faranno parte della sua famiglia soltanto fino la momento in cui un uomo le chiederà in sposa, a questo punto, dopo aver provveduto al pagamento migliore secondo le sue qualità e doti, la ragazza entra a far parte ufficialmente della famiglia del futuro sposo. Il figlio maschio invece riconosce per tutta la vita l’autorità paterna e sarà il responsabile della cura dei genitori quando diventeranno vecchi, erediteranno anche il loro patrimonio.

Questa immagine molto netta e differenziata dell’universo maschile e femminile potrebbe di primo acchito dare un po’ di fastidio, in effetti è difficile da capire per chi come noi si affaccia su una cultura e su usanze così diverse dalle nostre. Noi stiamo cercando in questo momento di conoscere e cercare di capire quali sono i meccanismi e le motivazioni che si muovono al di sotto di riti e tradizioni. Non sempre è facile, ma ci proviamo! Avremo tempo e modo, più avanti, di farci le nostre idee! E cercheremo di condividerle con voi!
Fede e Paolo
image010.jpg

Comments

One Response to “Paese che vai…”

  1. famiglia Martinenghi on August 16th, 2008 3:49 pm

    Con l’occasione di un incontro, Francesco non smetteva mai di raccontare di voi, ci ha detto di come lo avete “incastrato”.
    BRAVI, e complimenti per tutto.

    Francesco e Luigia

Leave a Reply