Benvenuti a Njombe – Tanzania

Precarietà

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Vorrei condividere con voi una sensazione che provo spesso stando qui. Noi mediamente non ce ne rendiamo conto, ma credo che la nostra vita in Italia sia il più delle volte protetta, almeno per la maggior parte delle persone. Possiamo avere dei problemi di lavoro, ma l’impressione è che, almeno per ora, ci siano delle rotaie sicure che mantengono una direzione. Certo occorre fare delle scelte. Ma tutto si può preparare. Ogni evento viene valutato, ponderato, e infine si sceglie quale scartamento utilizzare o in che stazione fermarsi.
La vita qui, per i Tanzaniani, è un’altra cosa. La parola che mi sembra più adatta è precarietà. Ogni cosa è precaria, e dai discorsi dei nostri colleghi e della gente che conosciamo, sembra quasi che ogni evento sia possibile. La cosa incredibile è il modo in cui queste persone affrontano degli eventi che per noi sarebbero difficilissimi da sopportare. Innanzi tutto la morte è presente sempre, pubblicamente, nella vita di tutti. E non importa se a morire sia un bambino durante il parto, un ragazzo per infezione, un giovane assalito e derubato, una moglie, un anziano. La morte è davvero parte della vita, un evento incontrollabile, supremo ma anche profondamente naturale, come il mutamento del clima o il percorso del sole nel cielo. Forse in questo avremmo qualche cosa da imparare come civiltà occidentale, noi che allontaniamo gli anziani nelle case di riposo, che nascondiamo il lutto ai bambini, che andiamo in crisi (e qui parlo di me stesso) per la psoriasi o per l’ernia al disco a 23 anni! Noi che pensiamo di dominare il mondo, quando a fatica riusciamo a capire i segnali che il nostro stesso corpo ci comunica.
Nonostante questo coraggio dei tanzaniani nell’affrontare la vita, rimane il fatto che molti progetti sono difficili da attuare con la precarietà. Costruire cammini di sviluppo o percorsi educativi che implicano mesi o anni è possibile ma molto complicato, quando non ci sono certezze. Per questo ogni piccolo passo, che in Italia sarebbe sottovalutato, qui va coltivato con cura, e apprezzato.

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Alcuni volti della precarietà:
La strada c’è oggi, ma potrebbe non essere accessibile.
La macchina c’è, ma domani potrebbe anche lasciarti per strada.
Vado a scuola, ma potrei anche essere espulso e non tornarci più.
Ho una casa, ma devo essere pronto a vivere per strada.
Sono una nonna, ma devo curare i miei nipoti perché tutti i miei figli non ci sono più.
Oggi c’è la corrente, domani non c’è più.
Ora ho da mangiare, ma non ce ne sarà più nella stagione secca.
Potrebbero arrivare i ladri e portarmi via tutto quello che ho.

Comments

5 Responses to “Precarietà”

  1. Vanda on March 10th, 2009 9:10 pm

    Ciao! Condivido in pieno le sensazioni di cui scrivi e inevitabilmente mi tornano alla mente le sagge parole di mia nonna che mi ammoniva sempre ricordandomi quanto tutto può essere precario nella vita che viviamo. La cosa più bella è accorgersi che l’esperienza che state vivendo vi sta aiutando a maturare in modo straordinario!!!
    Anche se sarà dura, alla fine sono sicura che i vostri sforzi daranno buoni risultati!
    Sono con tutti voi!
    Vanda

  2. federica on March 11th, 2009 6:07 pm

    I binari restano, anche in Africa.
    Solo che bisogna usare i piedi al posto dei treni.
    Eppure basta avere il tempo.
    E una direzione.
    Per arrivare alla meta.
    Dopo un anno di Africa questo è il mio augurio piu’ grande e la mia speranza piu’ profonda.
    Un abbraccio forte a tutti e due,
    Fede

  3. antonella on March 12th, 2009 11:29 am

    Come ci ha detto anche il Papa, di questi tempi con il crollo delle grandi banche abbiamo visto che i soldi spariscono, sono niente. E così tutte queste cose, che sembrano la vera realtà su cui contare, i soldi, il successo,la materia, tutto quello che appare, sono tutte precarie.
    Chi costruisce la sua vita su altri Fondamenti troverà realtà che rimangono in permanenza.
    Un abbraccio, mamma Antonella.

  4. antonella on March 12th, 2009 10:25 pm

    In genere si ama per essere amati, mentre la morte ci insegna ad amare l’altro.
    Bisogna saper perdere ciò a cui teniamo di più perché è in tale libertà che si ama davvero.

  5. Francesco on March 13th, 2009 9:18 pm

    Ho letto questo articolo su Altreconomia e ve lo propongo.ciao ragazzi, Francesco

    “Sviluppo non vuol dire avere di più, ma gestire meglio quello che si ha, perché le risorse della terra sono limitate, quindi preziose. Limitare i propri desideri, essere solidali, appoggiare il più possibile le azioni di commercio equo: questo modello di sviluppo è alla portata di tutti.
    Sviluppo significa riscoprire la responsabilità verso gli altri, verso le generazioni future. La gioia di stare insieme e lavorare insieme.”

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