Benvenuti a Njombe – Tanzania

Sabato scorso, io e Luca, geografo ventinovenne che lavora per ACRA a Njombe, siamo partiti alla volta di Iringa, approfittando della necessità di dover fare il tagliando ad un pickup. Iringa si trova a poco più di 200 chilometri da Njombe, andando a est verso Dar. È la prima città vera e propria, che si trova se si va verso est. Dico città perché lì si possono trovare qualche mini-supermarket, elettrodomestici, un grande mercato, e diversi prodotti che a Njombe non ci sono per niente o costano parecchio caro: burro, gelato, carta stagnola, solo per fare degli esempi molto concreti… Dunque Iringa, se comparata a Njombe, che già è una cittadina, è una metropoli!

È stato un fine settimana intenso, ricco d’incontri e all’insegna dell’italianità.

Dato che si partiva per Iringa, ci è capitato di dare uno strappo a Giovanni, che lavora per il CEFA a Kilolo (villaggio a sud di Iringa), e che si trovava momentaneamente dalle nostre parti per lavorare con la latteria CEFA di Njombe. Giovanni è di Ragusa e si trova in Tanzania da almeno un paio d’anni. È agronomo e vive e gestisce da solo i progetti che CEFA ha in 12 villaggi nella zona di Kilolo.
Arrivati ad Iringa, lasciamo Giovanni alla stazione dei dalla-dalla, ci rivedremo la sera stessa. Giovanni passa spesso il fine settimana ad Iringa, per fare la spesa ed incontrare qualche amico.

Io e Luca portiamo la macchina dal meccanico e facciamo un giro in città. Gironzoliamo per il mercato (consiglio vivamente un giro al mercato coperto di frutta e verdura!!!), andiamo a vedere il Central Lodge, albergo dove Luca si ferma quando gli capita di stare da quelle parti, e che ci dicono essere bruciato la settimana prima. Effettivamente, per un cortocircuito la parte vecchia è seriamente danneggiata. Entriamo in qualche negozietto di bici e cesti, pranziamo, e poi andiamo al centro Nyumbani, dove Irene, la fidanzata di Luca, e Giulia, lavorano da un mesetto come civiliste. Irene è logopedista e Giulia fisioterapista. Il centro Nyumbani è stato aperto pochi anni fa da una coppia di emiliani, Bruna e Lucio. Nel loro centro arrivano ogni giorno bambini con gravi disabilità fisiche e psichiche. La realtà è sicuramente molto dura, ma Bruna, Lucio, Irene e Giulia ci fanno fare un tour del centro e ci spiegano quello che fanno con grande passione.
È pomeriggio, e ci trasferiamo tutti quanti in una fattoria ai piedi della città. Irene e Giulia sono state invitate da una ragazza australiana a giocare a pallavolo in questa immensa fattoria con cavalli (i primi che vedo in Africa), mucche, pecore, e un’estensione impressionante di terre. La storia che abbiamo sentito è questa: la tenuta risale all’epoca coloniale, e i proprietari erano degli inglesi. Conclusasi la parabola colonialista, i proprietari se ne tornano in Inghilterra lasciando tutto allo stalliere, un bianco, padre o nonno dell’attuale proprietario, il signor Philips, o Filippus, come lo chiamano i locali. Lui si considera tanzaniano a tutti gli effetti, è nato qui, e qui ha tutta la sua famiglia. Il signor Filippus ha i capelli rossi e la faccia da irlandese. Ogni sabato pomeriggio la sua fattoria ospita diversi bianchi dalle provenienze più diverse: Stati Uniti, Germania, Inghilterra, Australia, Danimarca. Il mercoledì invece, è il giorno del rugby. Restiamo un’oretta. Per non smentirmi io chiaramente non gioco. Osservo la situazione e mi faccio domande. Chiacchiero con una ragazza danese ospitata nella guesthouse della fattoria per un breve periodo. Sta studiando agraria e farà una tesi sugli allevamenti di vacche in Tanzania. A un certo punto scoppia il temporale, rimaniamo per una mezz’oretta riparati sotto la grondaia di una delle dependance. Diminuita la pioggia, ringraziamo e ce ne andiamo.

Per cena veniamo invitati da Luca e Silvia, bolognese lui, di Fano lei. Hanno trent’anni circa, si sono conosciuti qualche anno fa mentre lavoravano come volontari in un centro per bambini ad Iringa . Oggi lavorano per L’Africa Chiama Onlus, ONG marchigiana. Dirigono un centro per l’alimentazione e un centro orfani. Nella loro casa vive da sei mesi anche Michele, specializzando in chirurgia generale. Michele ha deciso di fare il suo tirocinio in Tanzania, pare che la sua specializzazione siano le amputazioni, ci racconta di essere alla fine della sua esperienza africana e che ne ha viste di tutti i colori. È molto riflessivo, ha il fare da medico, ma di uno di quei medici che sanno parlare con la gente. La serata è molto interessante e spassosissima, ci si racconta di avventure e disavventura africane, di come si è fatto ad arrivare fin qui e di quello che si vorrebbe fare poi. La pizza di Silvia è buonissima, e finiamo a giocare ad un misto tra briscola e non so che.
Si torna in albergo.
La mattina quando mi alzo ritrovo Giovanni con altri amici: Francesca di Roma è educatrice, Daniela, friulana, è infermiera, Marco è di Matera e sta studiando medicina a Pisa, è qui per un paio di mesi per far un’esperienza di volontariato nell’ospedale in cui anche Francesca lavora. I tre ragazzi stanno a Nyololo, un villaggio vicino Mafinga. Lavorano tutti e tre per il COPE, ONG di Catania, che a Nyololo ha costruito un ospedale, dove si trattano soprattutto pazienti malati di AIDS, e un centro per bambini orfani. Quando anche Irene e Luca ci raggiungono, andiamo a fare un giro in città.
È domenica, decidiamo di mangiare tutti assieme in un posto molto carino diretto da Marietta, una signora greca che dice di avermi già visto e che si ricorda i miei occhi. Io effettivamente in quel posto ci sono già stata due mesi fa, quando appena arrivata dall’Italia con Alice, Giorgio e i loro bambini, si è fatto tappa ad Iringa.Io però Marietta non me la ricordo..boh..
È domenica, e ci diciamo che è il giorno del pranzo in famiglia e che è bello stare tutti assieme. Il clima è effettivamente quello, ci siamo solo noi, facciamo un gran casino, si ride e si chiacchiera di ogni cosa. Iniziamo con un antipasto con crema di melanzane, tzatziki e grissini fatti in casa, passiamo per la moussaka e per uno sformato di zucca, feta e pancetta, concludiamo con crepes e browunish cake. Siamo strapieni e molto contenti, alcuni di noi vanno avanti a riso, ugaly e fagioli da settimane.

È ormai arrivato il momento di rimetterci in cammino verso Njombe, per cercare di arrivare prima che sia troppo buio. Non è simpatico viaggiare con gente e biciclette che spuntano da ogni parte, e nemmeno incrociare tutti quei tir pesanti e scassati è un gran divertimento!

I ragazzi di Nyololo sono sulla strada che io e Luca dobbiamo fare, quindi gli diamo un passaggio per stare in compagnia ed evitargli il viaggio in dalla-dalla che durerebbe il doppio. Lungo il tragitto progettiamo di rincontrarci ad Iringa il mese prossimo, e a Njombe verso maggio.
Arriviamo a Nyololo al centro di COPE dove ci accoglie Valentina di Ragusa. Il centro è nuovo e molto bello, per arrivarci, una volta lasciata la strada principale, abbiamo fatto circa sei chilometri di sterrato. I ragazzi ci invitano per un caffè e nel frattempo arrivano anche le nuove civiliste: Matilde, Patty e Chiara, che staranno lì per un anno. Io e Luca staremmo volentieri un po’ di più, ma ci manca ancora più di un’ora di strada ed è quasi buio, ci rimettiamo in viaggio e arriviamo a Njombe felici e contenti.

Bilancio. È stato un fine settimana ricco di stimoli. C’è capitato di passare in pochi minuti da situazioni di estrema miseria e disperazione, a situazioni di grande abbondanza e distacco da tutto il resto che sta attorno. Abbiamo riflettuto su queste contraddizioni tutti assieme, ne abbiamo preso parte e ci siamo resi conto che noi abbiamo sempre la possibilità di scegliere e passare di qua o di là.
A parte Irene e Giulia, tutti gli altri ragazzi erano per noi nuove conoscenze. Da Varese, a Fano, da Ragusa a Cesenatico, dal Friuli a Roma passando per Bologna e la Basilicata, una decina di ragazzi italiani quasi tutti sotto i trent’anni. Tutti incerti rispetto al proprio futuro, ma con tante speranze e diversi sogni, i piedi sempre per terra, tanta generosità e competenza. In mezzo a tanto zozzume e disfattismo tutto questo fa tirare un gran sospiro di sollievo e ti rende fiero di quello che sei!

Bacio a tutti
Gaia

Comments

One Response to “Giovani italiani in Tanzania..”

  1. Fede on April 26th, 2012 3:01 pm

    Grazie Gaia che ci fai rivivere le tue emozioni e i tuoi pensieri, ci aiuti ad immergerci nella complessa realtà che stai vivendo.
    Siamo tutti molto fieri di te!
    Un abbraccio
    Fede

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